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ATOMO

La parola "atomo", che deriva dal greco átomos, "indivisibile", fu introdotta dal filosofo greco Leucippo per definire le entità elementari, indistruttibili e indivisibili, di cui egli riteneva che fosse costituita la materia.

L’atomo è la più piccola frazione di un elemento in grado di conservarne le caratteristiche chimiche e fisiche. È una struttura complessa costituita da diversi tipi di particelle:

- protoni (che portano carica positiva)

- neutroni (elettricamente neutri)

- elettroni (che portano carica negativa)

PROTONI

Il protone è una particella subatomica dotata di carica elettrica positiva, formata da due quark up e un quark down che sono detti di valenza, in quanto ne determinano quasi tutte le caratteristiche fisiche.

Costituisce il nucleo assieme al neutrone, con il quale si trasforma continuamente mediante l'emissione e l'assorbimento di pioni.

NEUTRONI

Il neutrone è una particella subatomica costituita da un quark up e due quark down, con carica elettrica netta pari a zero.

ELETTRONI

L'elettrone è una particella subatomica con carica elettrica negativa che si ritiene essere una particella elementare.

Gli elettroni, insieme ai protoni e ai neutroni, sono componenti degli atomi, ne caratterizzano sensibilmente la natura e ne determinano le proprietà chimiche.

Quante particelle esistono, a livello atomico?

Tra particelle stabili e instabili, atomiche e subatomiche, ne potremmo elencare a centinaia. E ogni volta che si “spara” un fascio di protoni in un acceleratore se ne individuano di nuove. Ma se ci limitiamo a quelle che costituiscono i “mattoni” della materia, cioè quelle che non si possono ridurre in qualcosa di più elementare, si contano sei leptoni (elettrone, tauone, muone e tre neutrini), sei antileptoni, sei quark (che hanno nomi molto curiosi: “su”, “giù”, “stranezza”, “fascino”, “alto”, “basso”), sei antiquark e 13 bosoni (cioè le particelle “portatrici” delle forze che agiscono tra leptoni e quark: se due leptoni si respingono, per esempio, vuol dire che tra loro è passato un bosone). In totale ci sono 37 particelle.

STORIA ed EVOLUZIONE DEL MODELLO ATOMICO

Secondo Democrito tutta la realtà è costituita da atomi che si muovono incessantemente nel vuoto. Gli atomi sono particelle elementari, indivisibili, differenti tra loro solo per caratteristiche quantitative o oggettive come la forma, la grandezza, l’ordine e la posizione, dotate di movimento eterno che è ad esse connaturato.

L’incessante movimento porta gli atomi ad aggregarsi e a separarsi, dando luogo alla nascita, alla trasformazione e alla morte di tutto ciò che esiste. Le cose sono pertanto combinazioni di atomi.

 

Chi è Democrito?

Democrito naque intorno al 460 a.C. ad Abdera, in Tracia. Naque da una nobile famiglia. Rinunciò alla sua ricchezza per dedicarsi agli studi e ai viaggi. Egli fu un atomista e il più grosso esponente del materialismo. Si recò una volta ad Atene, ma per il resto del tempo pare che abbia vissuto nella sua città natale. Morì nel 350 a. C.

Alla fine del XIX secolo, gli scienziati erano convinti che la materia fosse costituita di atomi, ma non avevano idea di come fossero fatti. Essi pensavano, inoltre, che l’atomo fosse la più piccola particella costitutiva della materia e che non la si potesse scindere in altre particelle più piccole. Oggi sappiamo invece che gli atomi sono formati da particelle subatomiche: protoni, neutroni ed elettroni.

 

MODELLO ATOMICO DI DALTON

Il concetto di atomo è un concetto molto antico che risale al 400 a.C. quando Democrito formulò le prime idee fondamentali sulla teoria atomica. Dalton riprese le idee di Democrito, conferendogli valore scientifico. Nel 1803 J. Dalton analizzò la legge di Lavoisier (in una qualsiasi reazione chimica la massa si conserva) e la legge di Proust (quando due o più elementi formano un composto, le quantità che reagiscono sono in rapporto definito costante). Incrociando i dati ottenuti da questi scienziati con quanto espresso nella legge di lui stesso enunciata oggi nota come legge di Dalton,  egli intuì che solo immaginando la materia costituita da atomi piccolissimi, indivisibili, indistruttibili e non creabili, si potevano spiegare le tre leggi sopra indicate e formulò quello che oggi è noto come il modello atomico di Dalton. Tutti i dati fino ad allora ottenuti, non potevano sicuramente dimostrare l'esistenza degli atomi ma potevano essere facilmente spiegati accettando la sua intuizione.

Il modello atomico di Dalton si fonda sulle seguenti proprietà:

- la materia è fatta da particelle microscopiche indivisibili e indistruttibili chiamate atomi;

- tutti gli atomi di un elemento sono uguali tra loro e hanno la stessa massa;

- dagli atomi di un elemento non è possibile ottenere atomi di un altro elemento;

- gli atomi di un elemento si possono combinare solo con numeri interi di atomi di un altro elemento.

 

Il modello atomico di Thomson o MODELLO A PANETTONE 

Il modello atomico di Thomson, detto anche modello a panettone, è un'ipotesi sulla struttura dell'atomo proposta da Joseph John Thomson nel 1904, prima della scoperta del nucleo atomico. In questo modello, l'atomo è costituito da una distribuzione di carica positiva diffusa all'interno della quale sono inserite le cariche negative. Nel complesso l'atomo è elettricamente neutro. Secondo questo modello l'atomo dunque sarebbe sostanzialmente pieno.

Il modello atomico di Rutherford o MODELLO A PLANETARIO

Il modello atomico di Rutherford o modello atomico planetario è un modello dell'atomo proposto da Ernest Rutherford. Rutherford diresse l'esperimento di Geiger e Marsden (anche noto, appunto, come esperimento di Rutherford) nel 1909; l'analisi compiuta da Rutherford stesso nel 1911 (vedi Scattering Rutherford) suggerì che il modello atomico a panettone di J. J. Thomson non fosse corretto. Il nuovo modello proposto da Rutherford aveva delle caratteristiche che sono rimaste anche in modelli successivi come la concentrazione della maggioranza della materia in un volume relativamente piccolo rispetto alle dimensioni atomiche (ossia un nucleo atomico) e la presenza di elettroni rotanti intorno ad esso, come i pianeti del sistema solare attorno al sole. L'atomo dunque, secondo questo modello, sarebbe in gran parte vuoto.

L'ESPERIMENTO DI RUTHERFORD

L'esperimento di Rutherford (anche detto esperimento di Geiger e Marsden) fu un esperimento effettuato per sondare la struttura dell'atomo eseguito da Hans Wilhelm Geiger e Ernest Marsden nel 1909, sotto la direzione di Ernest Rutherford. Concepito per provare la validità del modello atomico di Thomson, detto modello a panettone, diede dei risultati contrastanti rispetto a quel modello e portò alla concezione del modello atomico di Rutherford o modello planetario dell'atomo. L'atomo planetario proposto da Rutherford a seguito di quest'esperimento contrastava quanto previsto dalle leggi dell'elettrodinamica classica e pose le basi per la costruzione da parte di Niels Bohr del suo modello atomico spiegabile attraverso la meccanica quantistica. Quest'esperimento, pertanto, contribuì alla creazione della vecchia teoria dei quanti.

Nell’esperimento Rutherford fece lanciare un fascio di particelle alfa da una sorgente radioattiva contro una sottilissima lamina d’oro, nel cui spessore vi erano poche migliaia di atomi. Uno schermo fluorescente venne posizionato tutt’intorno alla lamina d’oro, in modo da evidenziare l’arrivo di ogni particella alfa. In questo modo fu possibile ricostruire la traiettoria percorsa dalle particelle dopo l’impatto con la lamina.

 

Secondo il modello di Thomson, allora maggioritario, le particelle alfa avrebbero dovuto attraversare il foglio d'oro venendo deflesse al più di pochi gradi, anche considerando la possibilità di diffusione multipla: misurando la deflessione delle particelle si potevano ricavare informazioni sulla distribuzione di carica elettrica all'interno dell'atomo. Tuttavia venne osservato che alcune particelle (1/8000) venivano riflesse ad angoli anche maggiori di 90°. Questo era un evento completamente imprevisto.

MODELLO ATOMICO DI BOHR

I fisici del tempo di Einstein contrastavano molto Rutherford perché l'elettrone girando velocemente perde energia e quindi alla fine la sua carica elettrica doveva annullarsi. Inoltre sostenevano che la struttura dell'atomo non era planetaria. Ma Bohr, grazie l'uso degli spettri, ipotizzò un'altra struttura atomica in contrasto con quella di Rutherford.

Bohr, partendo dallo studio degli spettri, basandosi sul modello di Rutherford e sulle scoperte di Planck, propone il proprio modello secondo cui:

 

-gli elettroni si muovono intorno al nucleo su orbite fisse e quantizzate (ossia dotate di energia predefinita);

-gli elettroni non emettono né assorbono energia;

-l’atomo può scambiare energia con l’esterno solo se un suo elettrone passa da un’orbita stazionaria ad un’altra. L’elettrone che acquisisce energia salta su un’orbita a maggiore energia. Questo elettrone però è instabile e quindi deve tornare nell’orbita dove si trovava prima, a più bassa energia e quindi salta ad un livello energetico inferiore. Questo salto prevede l’emissione di un fotone di energia pari alla differenza di energia tra le due orbite.

 

 

MODELLO ATOMICO DI SCHRODINGER

Il modello ondulatorio dell'elettrone consente di stabilire le zone dello spazio attorno al nucleo di un atomo ove è massima densità della carica elettrica negativa dovuta agli elettroni dell'atomo stesso.

Tale conoscenza è possibile grazie alla equazione di E. Schrodinger (premio Nobel nel 1933), che rappresenta, in tre dimensioni, l'onda stazionaria associata ad un elettrone, dalla cui risoluzione si ottengono funzioni d'onda rappresentabili graficamente che consentono di conoscere la distribuzione della densità di carica elettrica negativa nello spazio attorno al nucleo.

Quindi, mentre il modello atomico di Borh considerava che gli elettroni si muovessero intorno al nucleo secondo orbite circolari, il modello atomico di Schrodinger definisce le regioni dello spazio in cui il quadrato della funzione d'onda raggiunge i valori più alti. tali regioni furono chiamate orbitali in cui è massima la probabilità di trovare elettroni.

Quindi gli elettroni non si muovono lungo orbite fisse (come un treno lungo i binari), ma si allontanano e si avvicinano al nucleo, viaggiando a una velocità così elevata (prossima alla velocità della luce, circa 300.000 km al secondo), che è praticamente impossibile stabilire contemporaneamente, in un determinato istante, la loro posizione e la loro velocità (principio di indeterminazione di Heisenberg).Di ogni elettrone possiamo solamente definire lo spazio tridimensionale intorno al nucleo all’interno del quale abbiamo un’elevata probabilità di trovare l’elettrone stesso. È come se l’elettrone fosse “contenuto” (con alta probabilità) all’interno di una nube (di dimensioni, forma e orientamento spaziale definiti matematicamente), che chiamiamo orbitale.

L’orbitale è quindi la porzione di spazio tridimensionale disposta

intorno al nucleo, all’interno della quale abbiamo un’alta probabilità

(più del 90%) di trovare l’elettrone.

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